giovedì 21 agosto 2008

Pesto di cuore

Prendo spunto da una riflessione del mitico Papero Giallo per amor di un recente sfizio latente che in questo etere voglio fissare.

Festanti fiori bianchi sul davanzale e cromature fresche di cruditè vegetali danzanti con miriadi candeline in un sottofondo di musica trip hop rendono dinamici gli animi difronte al paesaggio stagliante dal popolano, ma raffinato attico:

questa magia ci accoglie nell'appartamento ribattezzato per l'occasione Relais Lounge Ricci,
quei fiori resistono, nei colori ed essenze, già da settimane all'intemperante estate grazie alla parsimonia della padrona di casa, ci attende una serata vegetariana con qualche indulgenza latticina, tutto colto dall'orto di mamma.
Questi sapori non hanno bisogno di artifizi, si accompagnano con uno zampillo d'olio spremuto con le nostre mani e poco sale è sufficiente ad estenderne la persistenza sullo sfondo del nostro palato;

dopo crostini di zucchine ed involtini di melanzane eravamo già sazi e lautamente soddisfatti, ma mancava il jolly, il pesto fatto in casa:

espressioni di natura rese ancor più sublimi dall'alchimia umana che ne miscela le parti fino ad un'irresistibile equilibrio di sensazioni;

amalgamato come vuole la tradizione, ma niente aglio come invece vuole il padrone di casa anche se resto convinto che sempre bene ci starebbe un suo elegante eco finale.

Non si possono creare simili soddisfazioni per il gusto senza aver prima covato in seno il disegno delle sensazioni da tramandare, condividere e moltiplicare;

queste sono da considerarsi vere e proprie espressioni d'affetto e noi non possiamo esimerci dal gustarle ed elevare ad esempio per la nostra futura buona condotta sia nell'economia domestica che in quella dello spirito.

Le erbe aromatiche dell'orto, aggiunte ai pomodorini secchi, durante il loro finale divincolarsi assieme alle fettuccine in un simposio regale, ci porta lo stupore di lunga, delicata spensieratezza;

abbinamento coadiuvato da sauvignon blanc, uno da valli centrali e terreni vulcanici, lasciato sui lieviti per tre mesi, l'altro da collina sul mare, entrambe non più giovani, di 4 anni, ma freschissimi e tanto sapidi quanto basta a sostenere l'agrume sulle morbidezze dettate dal tenore alcolico,

questi purtroppo non siamo in grado di riprodurli da soli, ma siamo stati bravi a non ignorarli(e farli arrivare in Italia) durante l'irruento incedere del quotidiano.

Dall'orto di mamma o papà, proprio da lì dovremo ripartire per tornare a coltivare il tempo, risparmiarci l'aridità del preconfezionato(che non piò essere che "buonissimo!") e ritrovare, attraverso la conservazione del genuino sapere, una nuova materia di erudizione per i posteri.

avremo la forza di catturare l'inestimabile, ma sfuggente patrimonio in serbo alle nostre madri o nonne?Ma cosa stanno facendo l'Unesco e GreenPeace per proteggere questa specie in estinzione?

dovremo fare tutto da soli, quanti spunti ancor ignoriamo per alimentar nuovi Sfizi a rischio di oblio.

Troppo facilmente dimentichiamo le sfumature ed il riverbero appagante dei sapori dettati da pomodori con grinze casuali, pesche "sudice", mele apparentemente bacate e sempre più difficilmente ne abbiamo accesso, in un era in cui l'accesso(come premonizzava Jeremy Rifkin) è potere.

Per ritrovarlo e conservarlo sarà necessario infilare le mani dentro la nuda terra ed aprire il cuore alla coscienza che salva noi stessi e tutti coloro che dei nostri frutti si nutrono;

nel frattempo il sottofondo recitava musica anni '80, Flashdance!


Grazie Caterina.

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