Ci sono dei vini che non hanno bisogno di presentazioni, vini che durante i primi corsi di fiducioso avvicinamento alla cultura del bere, sentivi nominare innumerevoli volte, per poi vederli bramoso nelle enoteche o sulle carte dei ristoranti di maggior pregio a prezzi speculari a quelli dell'oro colato.
Pensavi:"non riuscirò mai a berli","come sarebbe bello vederne le etichette in fila tra le mensole inclinate della cantina privata", "devo imbucarmi a casa di qualcuno, in quella degustazione d'elite", "devo farmi assolutamente invitare a quel compleanno!"
Poi, man a mano che i parametri e le manie crescenti s'intersecavano con l'esperienza, acuendo il senso del piacere nello scoprire il meno scontato, quegli stessi vini sono diventati il reflusso di una corsa all'oro che nel nostro "Belpaese" non esiste più:
i nostri amati supertuscans, soprattutto quelli emulativi i vini bordolesi, sono usciti dalle fisse dei circoli enosnob per entrare tra le idiosincasie dei più integerrimi sostenitori dei vini garage o quelli di fattura cosiddetta "artigianale"...
Le nuove annate si trovano indistintamente a botte di 6 sugli scaffali dei distributori più accessibili, non più legate a cospicui acquisti ed a prezzi abbondantemente sotto la tripla cifra;
solo le più vecchie rimangono ben quotate nel circuito dei collezionisti più incalliti, ma perchè comprovate, assieme a poche altre italiane, di una notevole longevità.
Difronte ad esse sfido chiunque a resistere declinando un'invito.
Infine siamo tutti inconsciamente succubi del fascino dei grandi miti, cosa non faremmo per avere un 1er sotto i baffi mentre berremmo, pur di farlo, un Petrus accompagnato con aragoste alla stregua dello sciattone, russo risalito di turno.
L'appassionato verace si confessa, lotta contro i suoi stessi pregiudizi, s'inerpica tra assolutismi ed infondatezze, cosciente che più pensa di sapere, meno godrà di stupore e più si spoglia di presunte certezze, più occasioni avrà per apprezzare la mai ripetitiva apoteosi della degustazione.
Il fervente studioso sa di non poter mai aver padronanza di materie mutevoli, ma profonderà tutte le sue energie alla ricerca della conoscenza di se stesso in funzione del cambiamento di quella.
Ed è così che alla fine, le propizie congiunture del caso, hanno indotto quella passione ad innescare uno sfizioso triangolo Roma-Firenze-Arezzo, dove ci siamo ritrovati in disomogenea formazione alla Tagliatella, con tanto di bottiglie coperte e nessun schema preciso d'abbinamento
(se un vino ha da esser top che lo sia anche con i carciofi!)
Questa la formazione:
-il metalmeccanico, colui che non si tira mai indietro, il braccio che assurge ogni movenza ai crismi di perfezione, soprattutto quando non ne usa la propaggine raziocinante. In un ideale pacs/dico a 3 sarebbe quello che porta la pagnotta a casa, che cucina, fa la lavastoviglie e ramazza la stanza mentre ti rimbocca le coperte.
-il responsabile tempi e metodi di nota azienda valdarnese manipolatrice di pellame ed adulatrice di polli, un piacevole rientro con all'attivo diverse sòle e svariati stappi arretrati; noto per il suo stile integerrimo, gli appunti impeccabili e la capacità di riempire sempre più la cantina senza mai riuscirne a bere un sorso.
-il responsabile campionario di azienda sunondetta, magna la sua trasversale cultura enogastronomica, dettata da memorie mai lasciate sul campo ed epiche le trangugiate giornate assieme in cui al fin rendiamo grazie alle sue impareggiabili doti di navigatore.
- l' aristocratico enomedico sindacalista romano, prelevato con i suoi 3 '90 e riportato non senza difficoltà(dal responsabile campionario di cui sopra), tra i cipressi delle viuzze dietro Poggio Imperiale e la cui sagacia già fu reoconfessa durante le avvisaglie letterarie delle settimane precedenti. Sua fu la colpa, suo il merito di gioie e dolori della serata.
-il bancario, perchè un bancario ci vuole sempre, per redimersi dalle scelleratezze finanziarie, per apprezzarne il clichè da collezionista d'arte moderna e vini d'elite, atto ad impressionar i clienti o anche al solo fine di non passare una carriera dietro una cassa alla disperata ricerca di 2 euro per far quadrare i conti.
-ed io che vorrei essere al momento giusto ognuno, anche a caso, dei suddetti, ma non venendomene bene neppure la pantomima, resto dello sfizio un maniaco mai eccelso.
Un'obliqua di "peperonacci" con l'intruso, quella era la traccia, anche se alla fine gli intrusi furon 2...
Quando l'etichetta è celata, escono in primis le emozioni, poi le personalità: lo spavaldo, il tecnico, l'ingegnere, il reticente, ma mai un'ignavo e tutto il resto diventa corollario.
Il buon vino, come buon il cibo, lo riconosci dal sorriso che ti stampa sulle labbra al primo assaggio e c'era di che gioire alla Tagliatella anche grazie a Cristiano:
egli oramai ai nostri occhi sprizza d'autorevolezza quasi imbarazzante, a rischio sudditanza psicologica stile strisciata, data è la stima riposta in lui nel tempo, ma lui, sempre discreto oste e con la consueta modestia, ci ha supportato, coordinato, agitato, deliziato, soggiogato preparando le bottiglie e servendoci solleticanti bollicine francesi di benvenuto prima di procedere con le prelibatezze create dalla madre.
Il tutto mentre curava gli altri ospiti e noi goderecci eravamo intenti a far frullare i calici, con sguardi di sussulto e sfida.
Ci influenziamo ancora vicendevolmente, siamo felici quando concordiamo, amiamo esser bastian contrari o ci riveliamo autentiche banderuole nel saper sì cambiare, ma come valore aggiunto?Chi c'è accanto a noi al di là della sua connotazione sociale?
eccola, sorso dopo sorso, l'essensa dell'"in vino veritas", altro che spossante ubriachezza ad esaltar solo negazioni di noi stessi, ma caparbi sorrisi ad elevar ogni ciuffo di felicità latente nell'orto del nostro animo.
Il ricordo di una sensazione, la sua codifica nella memoria, la nostra capacità di lasciarla lì, impercettibile finchè non ci s'imbatte a palato aperto con una sua lontana parente distinguibile solo a tratti:
momenti in cui le associazioni scoprono te e svelano gli altri affini seduti al tuo tavolo.
Questo sì che conta, questo forse è definibile come una sorta di edonismo enoculturale il quale si eleva poi a dismisura quando incontra l'estetica sensoriale di nettari assoluti.
Si va per concordanza di propensioni, escono le sfumature di ognuno, anche per i vini interdetti, in divenire, non scontati o non completamente a loro agio nel bevante e che forse oramai piegati, sempre irrequieti resteranno.
Rimane sul campo quella bottiglia vuota a destar nostagico inghiottir di saliva , essa, da sola si incorona regina della serata benchè delle altre, strenue rivali, poco sia rimasto.
Ringraziamo il banchiere ed il coraggio che gli abbiamo strappato, ci togliamo il cappello difronte all'enomedico che di aristocratico svelò non solo il gesto, ma anche il palato.
Per l'elenco dei vini vedi foto sotto,
per le note di degustazione...che ve le scrivo a far,
se solo funzionasse il rubinetto usb!
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