non è stato un viaggio religioso, ma una gita nello spirito e l'essenza del Brunello di Moltalcino, dove le confessioni del vento, la spregiudicatezza dei profumi, i segreti sussurrati al palato, ci hanno offerto il sangue di questa terra.
L'auto impenna a sinistra, su per il declivio rugginoso, una secca brezza accarezza foglie ingiallite, adagiate su ceppi forzuti tra filari di perfette geometrie: il segno della cura dell'uomo ad assecondar quel ciclo di natura appena concluso. L'ufficio è quello dei sogni, da qui l'uomo più apatico sarebbe in grado d'irradiarsi con un indelebile sorriso foriero d'indistruttibile fiducia verso tutto ciò che proviene dalla natura e dal cuore . E' un ingegnere romantico Piero Palmucci, che con impeccabile tecnica e maniacale maestria asseconda l'intuito e la buona sorte che oltre venti anni fa l'hanno portato a scegliere questa mezza anfora di Montalcino come scrigno dei propri desideri.
Il pendio fa da chioccia dai venti tramontani, l'Amiata a Sud-Est rinfresca l'aere nelle notti estive assieme alla brezza marina carezzevole insinuantasi nella conca della val d'Orcia .
La terra è rossa, scura, traspirante e generosa, spuntano toni di galestro verso valle e grosse rocce sulle quali il sole si issa imperante dall'alba al tramonto senza mai celarsi.
Qui l'interazione uomo-natura deve solo essere accompagnata per raggiungere livelli di qualità superba, ma Palmucci, con un' affettuoso approccio scientifico, le permette di compiere l'ultimo passo verso l'eccellenza e l'armonia:
la selezione clonale del sangiovese(fino a dodici tipi), la cura minuziosa dei ceppi innestati a guyot per bilanciare i grappoli vicino alla terra a baciarne la linfa, la cascata di acini sacrificata a madre natura, rendono diamante l’oro celato in questa pentola piena di colori .
Il mentore di Poggio di Sotto si avvale di consulenze di pregio, come quella del dott. Attilio Scienza e l'Università di Milano per analisi dei terreni e selezione clonale e quella dell'eminenza sangiovese in persona, Giulio Gambelli:
lui ascolta tutti, curioso e riflessivo, poi alla fine decide di testa propria.
Gli ambienti sono impeccabili, un laboratorio di benessere del palato con inserimento delle uve nei tini di fermentazione a caduta, affinamento di 4 anni in botti di rovere di slavonia ed infine riposo per un anno in bottiglia in quel cuore della cantina collocato come il tesoro di un Re .
Nessun segno d'aggressività chimica, ma tecnica cristallina al servizio del vino, pochi tocchi per evitare fattori esogeni che possano compromettere quell’anima forte per natura.
Bisogna essere coscienziosi, ma consapevoli della propria forza quando si fanno scelte radicali saltando dal modulato mondo della logistica a quello quasi imponderabile del vino ed il suo articolato divenire.
Ecco, sotto le nostre narici, l’atto di fede fatto da Piero Palmucci venti anni orsono, i mistici risultati di un amore cercato, voluto, curato e coltivato nel tempo.
Parla dei suoi vini con pacata emozione, ad ogni sorso un viaggio di andata della ragione verso gli eccitati istinti e ritorno.
C’è una trama sottile che lega il Rosso al Brunello e le loro diverse annate, tenuti nello stesso grembo, si rivelano gli uni agli altri di un’affinità fraterna:
nessun stacco, ma sfumature sussurrate dal tempo e dalle piccole circostanze.
Userò un aggettivo od apposizione per vino perché sarebbe riduttiva un’articolata descrizione tecnica, sia per i profani ancor in attesa d’esser rapiti da questi effluvi, che per gli esperti - sol l’elenco farà venire loro l’acquolina in bocca e renderà più profondo l’oblio e la rabbia per non esser stati, come noi, ancora così fortunati:
C’è una trama sottile che lega il Rosso al Brunello e le loro diverse annate, tenuti nello stesso grembo, si rivelano gli uni agli altri di un’affinità fraterna:
nessun stacco, ma sfumature sussurrate dal tempo e dalle piccole circostanze.
Userò un aggettivo od apposizione per vino perché sarebbe riduttiva un’articolata descrizione tecnica, sia per i profani ancor in attesa d’esser rapiti da questi effluvi, che per gli esperti - sol l’elenco farà venire loro l’acquolina in bocca e renderà più profondo l’oblio e la rabbia per non esser stati, come noi, ancora così fortunati:
rosso 2005 brioso
rosso 2006 audace
Brunello1997 possenza
Brunello 1998 brivido
Decennale 2001(ovvero il 2001 riserva bocciato dalla commissione?!?forse erano stanchi…) orgoglio
Brunello2004(anteprima dell’anteprima) eterno
Non sono pagelle, ma impressioni di vita.
Siamo fortunati, gli piacciamo, vorrebbe stappare anche il ’99, ma la rigorosa assistente lo blocca facendogli notare che uno strappo alla lettera(il Decennale)era sufficiente; nonostante fossimo preda di fervida avidità, desistiamo; meglio lasciare qualche segreto nello scrigno - un motivo in più per farci guidare nuovamente qui da illuminati ancora un pò profani.
Primum inter pares mi ha soggiogato il ’98, annata sottovalutata, schiacciata tra altre due mitiche, ma ad ogni profondo respiro mi ricopriva di pelle d’oca.
Gli altri sono semplicemente sopra ogni aspettativa tanto che rischiamo di sembrare ruffiani difronte agli occhi lucidi ed orgogliosi di Palmucci mentre riceve in dono una Chimera, segno dalle nostre terre d'ammirazione e rispetto, ma il singhiozzo rimarrà tutto nel nostro palato lontano da qui...
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due settimane orsono ho avuto l'occasione di bere il brunello '99 ed il rosso '01 durante una splendida cena al Grappolo Blu di Arezzo.
Che scrivere...mentre nei tavolini accanto si sprecavano le peripezie tecniche con approfondimenti interattivi di succulenze ed untuosità, io roteavo, miravo gli occhi brillanti della mia amata, sospiravo e poi godevo bevendomeli fin all'ubriachezza.
Nonostante il continuo errar d'irrequieta mente a la fin le vin c'est bon ou c'est merde.
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15 novembre 2010 00:14
ancora un sibilo, tra il trambusto di una degustazione organizzata da una guida "emergente" e di sicuro interesse.
Attoniti gli occhi per esser stati cullati dalle soavi colline sui cui troneggia la sfiziosa Montalcino, ci siamo ancor (volontariamente) imbattuti nel suo Rosso di Montalcino 2007 ed il Brunello Riserva 2004. Questa volta accerchiati dagli altri rappresentanti di queste splendide terre.
Il rosso 2007 ci rammenta il polposo ed incantevole 2001 e solo la ragione ci dissuade dal chiederne testé un'intera bottiglia.
Del Brunello Riserva, di cui dovrebbe esserci interdetto scrivere, per ammutolir i rimpianti e dati i pochi eletti che se ne gioveranno, valse solo un gesto mentre "borgogneggiava" come un pinot tra Morey e Chambolle, ostentando la "carne" contemplativa dei pressi di Antimo e brandendo la spada difronte al vecchio Re mai domo, il Biondi Santi ris. 2004:
fu a terminar il caleidoscopio di gusti finiti nel bevante che, non ce ne vogliano gli altri autorevoli ed arcigni competitors, prima di scappare tra i tornanti, un'altro goccio di Riserva Poggio di Sotto svelò ancor la nostra fame, celando già nuova nostalgia per la nostra predilezione...
Alla prossima Caro Piero e Grazie.
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